giovedì 27 ottobre 2011

Abstract del dossier sulla fenomenologia del bracconaggio ittico industrializzato presente nell’areale padano e rotte commerciali dei prodotti illeciti della pesca.
omissis
Premessa
Da anni oramai il fiume Po è teatro di crimini condotti ai danni dell’ambiente ma uno in particolare mina direttamente la salute pubblica: la pesca, il traffico ed il commercio clandestino di pesce contaminato.
Nonostante anni di informazione pubblica tesa ad smascherare il movimento d’affari e segnalazioni alle autorità competenti, un sodalizio di più organizzazioni dell’Est Europeo e della Germania, gestisce un florido mercato clandestino basato sulla cattura e la vendita di pesce non idoneo all’alimentazione umana, merce che dopo essere lavorata sul posto viene riproposta sui mercati italiani ed esteri come “pesce d’allevamento”. Ciò è possibile grazie alle decine di “campi” clandestini dislocati sul maggior fiume italiano ed alla complicità di imprenditori rivieraschi che coprono le azioni illecite tramite le loro aziende.
Oltre quindi all’ovvio danno ambientale che scaturisce da un’attività di pesca incontrollata si somma il rischio sanitario connesso alla commercializzazione di questi prodotti, l’evasione fiscale e l’ordine pubblico avendo queste bande lottizzato abusivamente intere aree del delta del Po.

cronistoria, ubicazione, rotte di mercato

Dal 1993 ad oggi sono attive sull’areale del fiume Po organizzazioni criminali provenienti dall’Est Europeo specializzate nella pesca di frodo e nella vendita di pesce contaminato sia in Europa che in Italia, a queste si aggiungono attività commerciali abusive denominate Wallercamp che, sfruttando l’eco del pesca-turismo, ottengono il massimo rendimento dalle risorse ittiche locali evadendo il fisco e appropriandosi illecitamente di intere porzioni dell’asta fluviale.
Pur essendo salita all’attenzione della cronaca con una serie di arresti, denunce e sequestri operati dalla Guardia di Finanza tra l’estate del 2006 e 2007, i gruppi d’interesse sono ancora attivi ed hanno addirittura potenziato le attività di traffici illeciti. Il “modus” con cui si articola la loro attività si concentra essenzialmente nel pescare pesce con sistemi illegali sull’areale del fiume Po, ed in particolare in aree in cui non viene svolta la pesca professionale a causa delle pessime condizioni organolettiche dell’acqua, siti ove il materiale ittico alla luce dei rapporti analitici (Legambiente, ARTA) non può essere destinato all’alimentazione umana. Viene lavorato in strutture di fortuna direttamente sul fiume in condizioni igieniche repellenti, quindi imbustato, refrigerato e trasportato in Ungheria dove, grazie a una falsa documentazione, viene riproposto sui mercati locali, francesi, tedeschi e italiani come pesce proveniente dagli allevamenti Ungheresi. La strutturazione del personale attivo nell’organizzazione appare di tipo verticistico-piramidale e conta di diversi “sotto gruppi” impiegati per il trasporto del materiale ittico o della lavorazione.
L’organizzazione dispone sia di strutture fisse sul fiume come case che mobili come roulotte, tende e camper, oltre a una nutrita flotta fluviale (censita nell’estate 2005 pari a 70 natanti nel 2011 è verosimilmente raddoppiata) e di furgoni.
In particolare l’organizzazione incentra gli sforzi su una specie ittica specifica: il Siluro (Silurus glanis, Linneo) in quanto la normativa attuale, in controtendenza con le mutazioni faunistiche degli areali, tollera il prelievo indiscriminato e senza limiti di pesci alloctoni.
Tutta l’intera trafila produttiva (pesca, stoccaggio, lavorazione, trasporto e vendita) pur risultando clandestina e palesemente illecita ha trovato quindi forza in un buco normativo generato dalle Delibere Regionali (Emilia Romagna, Veneto e Lombardia in primis) in materia di “alloctonia” che in sintesi mirano ad eradicare le specie ittiche non originarie delle nostre acque: queste favorendo la pesca indiscriminata di queste specie tollerano il prelievo di enormi quantità di pesce che, essendo stato pescato con “licenze di pesca di tipo D per stranieri” non va a ricadere nei controlli igienico sanitari previsti dalla legge per la pesca professionale, in quanto, paradossalmente, trattandosi di alloctoni ed essendo stato pescato con la titolarità di una licenza per uso sportivo, rientra nell’auto consumo.
Come è ovvio l’organizzazione si avvale della complicità di imprenditori e consorzi italiani per la messa in opera di tale traffico: da chi fornisce l’appoggio logistico a chi attraverso circoli nautici si occupa del rimessaggio e cura della flotta, fino a chi acquista il pescato da inviare ai mercati ittici o alle strutture di ristorazione nazionali.
Tenendo conto dei reati di frode in commercio ed i rischi per la salute pubblica che scaturiscono dalle attività descritte, all’ingente danno ambientale operato, oltre ai percorsi in territorio comunitario dei prodotti, valutato il potenziale rischio sociale e i reati emersi, si rende quanto mai necessario oggi esercitare un azione preventiva e, ove vengono perpetrati, repressiva attraverso gli organi di vigilanza.
La forza di ogni attività illecita risiede nella sua “invisibilità”: far emergere il fenomeno delittuoso attraverso una campagna informativa, rendere edotto il consumatore sui rischi sanitari connessi con l’alimentazione di pesce di dubbia provenienza, informare sui danni arrecati all’ittiofauna ed all’intera biocenosi attraverso l’uso di sistemi propri del bracconaggio fluviale, formare il personale dedito alla vigilanza su che tipologia di reati configura l’attività descritta e quali strumenti normativi approfondire per arginare il fenomeno, sono la base di partenza di un attività preventiva.
A ciò sarebbe necessario un coinvolgimento di tutte le forze dell’ordine competenti per territorio e materia giuridica, per un intensa attività di presidio delle zone ecologicamente più a rischio e delle “aree storiche” di insediamento stanziale di questi gruppi illegali.
Esistono presidi fissi sul territorio sia di bracconieri (case, accampamenti, circoli nautici) che di Wallercamp (agriturismi, campeggi) che potrebbero essere sottoposti ad attività di controllo in modo esaustivo e riconducibile alla normale attività di servizio del controllo del territorio, cosa che, se ben coordinata, non andrebbe ad incidere come attività di servizio straordinaria.
La sinergia con i pescatori sportivi, i fruitori abituali di dette aree, porterebbe inevitabilmente ad una rapida e puntuale individuazione di questi siti, rafforzando inoltre quel rapporto di prossimità e di legalità che impedirebbe il ripetersi delle stesse attività delittuose.
Le aree di azione, intervento e sosta di questi soggetti si articolano tra la Lombardia, il Veneto e l’Emilia Romagna.
Analisi normativa
Valutato che molti di questi gruppi d’azione sono totalmente abusivi, quindi operano al di fuori dei canoni di legge bisogna tenere conto che i principali autori esportano tali prodotti della pesca sotto forma di impresa agricola o con licenze di pesca professionale, destinando sia in Ungheria che in Italia: a tal fine, considerata la natura commerciale e sanitaria della transizione è necessario soffermarsi sull’impianto normativo che regolamenta queste vendite.
Il controllo ufficiale degli alimenti e delle bevande è garantito nei comuni italiani dal Servizio di igiene degli alimenti e della nutrizione e, nel caso si tratti di alimenti di origine animale (latte, uova, carne, pesce) dal Servizio veterinario dell’ASL: entrambi i Servizi operano nell’ambito del Dipartimento di Prevenzione.
In particolare Il Servizio degli alimenti e nutrizione (SIAN) si occupa di:
·       ricezione di reclami o segnalazioni di privati o enti per violazione delle norme igienico sanitarie nel campo annonario;
·       controllo ufficiale dei prodotti alimentari e dei requisiti strutturali e funzionali dei laboratori ed esercizi di produzione, confezionamento, vendita e somministrazione di sostanze alimentari e bevande compresa ristorazione collettiva (mense aziendali, scolastiche, ospedaliere e socio-assistenziali, centri di cottura);
·       dichiarazione di inizio attività (D.I.A. introdotta nel 2006 con Reg. CE 852/04);
·       pareri preventivi verifica pratiche ed informazione ad utenza professionale ed associazioni di categoria;
·       certificazioni per l’esportazione di alimenti di origine non animale;
·       vigilanza e controllo delle acque destinate al consumo umano (acque potabili);
·       sicurezza alimentare;
·       sorveglianza ed indagine per gli aspetti di competenza in occasione di casi sospetti o accertati di infezioni, intossicazioni e tossinfezioni di origine alimentare;
·       prevenzione delle intossicazioni da funghi:
o   attività di consulenza, controllo e formazione proprie dell’ispettorato micologico
o   verifica di commestibilità di funghi freschi di privati raccoglitori
·       controllo dell’utilizzo e vendita di prodotti fitosanitari;
·       prevenzione e sorveglianza dell’obesità, attraverso:
o   dietetica preventiva
o   sorveglianza nutrizionale
o   educazione alimentare
o   ristorazione collettiva
I regolamenti di igiene approvati nel 2006 denotano un’importante semplificazione che tiene conto dei regolamenti comunitari sull'igiene degli alimenti entrati in vigore il primo gennaio 2006. Tenuto conto che nelle norme comunitarie, si evidenzia che è responsabilità dell’impresa, garantire la sicurezza degli alimenti attraverso tale principio il regolamento CE 852/2004 ha modificato le procedure da seguire per la gestione delle attività alimentari, l'apertura di nuovi esercizi nonché le modifiche quali variazioni di compagine sociale, variazioni strutturali e di attività, subingressi, trasferimenti e cessazioni. La norma ha così voluto inserire queste nuove regole, individuando ad esempio la DIA (dichiarazione di inizio attività) come procedura da seguire per aprire un’attività nel settore degli alimenti (compresi pubblici esercizi e ristoranti). A fronte di questa semplificazione burocratica, si nota un’ intensificazione dei controlli da parte delle ASL sgravate dall’attività legata alla consulenza amministrativa, finalizzati al rispetto della normativa in materia di igiene degli alimenti e la sicurezza del consumatore.
In concerto con le ASL vengono coinvolti tutti gli organi di vigilanza specifica e di riflesso Agenti ed Ufficiali di Polizia Giudiziaria che compiono servizi a tutela del consumatore: tra questi i NAS dei Carabinieri.
I N.A.S., Nuclei Antisofisticazioni e Sanità dell'Arma, sono stati istituiti il 15 ottobre 1962. Le funzioni del Comando tutela per la Salute sono poliedrici riguardando:
  • il controllo degli alimenti di qualunque tipologia essi siano;
  • il controllo sull'igiene, sanità pubblica e polizia veterinaria;
  • la sanità marittima, aerea e di frontiera;
  • la profilassi internazionale delle malattie infettive e diffusive.

Conseguenze derivanti dalla non conformita' del prodotto alle norme di legge

Oltre alle sanzioni specificatamente previste dal Decreto Legislativo 155/97, che riguardano la violazione degli obblighi di autocontrollo, vanno sempre tenute presenti le possibili sanzioni relative alla non conformità del prodotto alle norme di legge, che peraltro possono derivare da una non esatta applicazione delle misure di prevenzione e controllo previste dal sopracitato decreto legislativo. La normativa alimentare prevede sia illeciti penali che amministrativi. In particolare:

illeciti penali
All'interno delle previsioni penalistiche bisogna distinguere tra:

Violazioni di norme poste a tutela della salute pubblica
In questa categoria si ricomprendono tutte quelle violazioni che possono costituire un pericolo per la salute del consumatore. In tale categoria vanno segnalati:

art. 5 lex 283/62 che punisce con l'arresto fino ad un anno e l'ammenda da € 600.000 a € 60.000.000 (art. 6/4 l. 283/62) il divieto di mettere in commercio:

(lett. a)       alimenti privati anche in parte dei propri elementi nutritivi o mescolati con sostanze di qualità inferiore o comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale

(lett. b)      in cattivo stato di conservazione

(lett. c)       con cariche microbiche superiori ai limiti stabiliti dal regolamento di esecuzione o da ordinanze ministeriali (cfr. OM 11 ottobre 1978)

(lett. d)      insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione

(lett. g)       con aggiunta di additivi chimici di qualsiasi natura non autorizzati con decreto del Ministero per la Sanità, o, nel caso che siano stati autorizzati, senza l'osservanza delle norme prescritte per il loro impiego.


art. 444 c.p., che punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e la multa non inferiore a lire 100.000 chiunque metta in commercio sostanze non contraffatte, né adulterate, ma comunque pericolose per la salute pubblica.

Violazioni di norme a tutela della buona fede del consumatore
In tale categoria rientrano tutte le violazioni che ledono la buona fede del consumatore o comunque la lealtà delle trattazioni commerciali. In particolare vanno ricompresi:
·       art. 515 c.p. "Frode in commercio", che prevede la pena della reclusione fino a 3 anni o la multa non inferiore a lire 200.000, nell'ipotesi di vendita di una cosa mobile (alimenti) per un'altra o di una cosa mobile per origine, provenienza, quantità e qualità diversa da quella dichiarata o pattuita.
·       art. 516 "Vendita di sostanze non genuine come genuine", che vieta la vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, sanzionando i contravventori con la reclusione fino a 6 mesi o la multa fino a lire 2.000.000.
·       art. 13 l. 283/62, che punisce con l'ammenda da lire 600.000 a lire 15.000.000 l'offerta in vendita o propaganda di sostanze alimentari, adottando denominazioni o nomi impropri, frasi pubblicitarie, marchi o attestati di qualità o genuinità, da chiunque rilasciati, nonché disegni illustrativi tali da sorprendere la buona fede o da indurre in errore gli acquirenti.
N.B. A decorrere dal 1° gennaio 2002 ogni sanzione penale o amministrativa espressa in lire è tradotta in € al tasso di conversione di 1936,27, con l'eliminazione dei decimali in caso di arrotondamento anche se le operazioni di conversione producono un risultato espresso in centesimi di euro

Va rilevato che nella giurisprudenza in materia di alimenti si registra una mancanza di uniformità nella qualificazione delle condotte criminose. Non è infatti raro che lo stesso fatto sia ascritto nell'ambito di fattispecie penali anche notevolmente diverse tra loro con conseguente rischio di una disparità di trattamento sanzionatorio.

Illeciti amministrativi
All'interno delle sanzioni amministrative sono ricomprese in particolare:
le violazioni delle norme previste da Decreto Legislativo 27 gennaio 1992 n. 109 in materia di etichettatura. In particolare:

·       art. 18/1 che prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 3000000 a lire 18000000 per "chiunque confezioni, detenga per vendere o venda prodotti alimentari non conformi" alle norme del decreto stesso ossia non contenenti le indicazioni prescritte.
·       art. 18/2 che stabilisce la sanzione amministrativa da lire 6.000.000 a lire 36.000.000 nel caso di violazione dell'art. 2 del Decreto Legislativo 109/92 che stabilisce che "l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari non devono indurre in errore gli acquirenti sulle caratteristiche del prodotto e precisamente sulla natura, sulla identità, sulla qualità, sulla composizione, sulla durabilità, sul luogo di origine o provenienza, sul modo di ottenimento o di fabbricazione del prodotto stesso";
N.B. A decorrere dal 1° gennaio 2002 ogni sanzione penale o amministrativa espressa in lire è tradotta in € al tasso di conversione di 1936,27, con l'eliminazione dei decimali in caso di arrotondamento anche se le operazioni di conversione producono un risultato espresso in centesimi di euro

Analisi normativa speciale
Le abrogazioni e la rimodulazione generata dal D.Lgs. 193.2007 Controlli in materia di sicurezza alimentare, di fatto non incide sulla ristorazione e sulla vendita di prodotti della pesca (eccezion fatta per i molluschi) così come il Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 531."attuazione della Direttiva 91/493/CEE” che stabilisce le norme sanitarie applicabili alla produzione e commercializzazione dei prodotti della pesca, non si applica alla vendita intesa come ristorazione.
Detta osservazione è importante perché riduttiva del settore di vigilanza dedicato, in quanto il pesce, che per la sua natura biologico/organica ha tempi di accumulo di inquinanti rapidi ed è spesso di difficile tracciabilità, viene gestito nei controlli alla ristorazione attraverso il dettato normativo esclusivo della conservazione degli alimenti.
In termini pratici l’addetto al controllo ordinario, senza ulteriori note si limita al controllo dello stato di conservazione e quindi non alla tracciabilità (legittima provenienza) del prodotto ittico.
D.Lgs. 26 maggio 1997 n. 155 Attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CE concernenti l'igiene dei prodotti alimentari, pubblicato sul S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 136 del 13 giugno 1997, Capitolo IX disposizioni applicabili ai prodotti alimentari
descrive che “Un'impresa alimentare non deve accettare materie prime o ingredienti se risultano contaminati, o si può logicamente presumere che siano contaminati da parassiti, microorganismi, patogeni o tossici, decomposti o sostanze estranee che, anche dopo le normali operazioni di cernita o le procedure preliminari o di trattamento eseguite in maniera igienica, non siano adatte al consumo umano”.
In quest’ottica un ristoratore che accetta, in quanto acquista, prodotti ittici provenienti da privati, da siti inquinati o potenzialmente inquinati, o semplicemente privi di qualsiasi garanzia sanitaria o di tracciabilità, di fatto contravviene a questo principio basilare.
Se poi la consapevolezza circa la provenienza, nonché la mancata salubrità del prodotto pur essendo manifesta, viene inserita dopo l’acquisto, volontariamente nel circuito della ristorazione, si sfocia nei reati puniti a norma del Codice Penale quali l’art. art. 515 c.p. "Frode in commercio" e art. 516 "Vendita di sostanze non genuine come genuine". Il D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 531 “Attuazione della direttiva 91/493/CEE che stabilisce le norme sanitarie applicabili alla produzione e commercializzazione dei prodotti della pesca”, pubblicato sul S. O. alla Gazzetta Ufficiale n. 7 dell’ 11 gennaio 1993 descrive all’art 2 lettera A i prodotti della pesca come: “tutti gli animali marini o di acqua dolce o parti di essi, comprese le loro uova e lattine, esclusi i mammiferi acquatici, le rane e gli animali acquatici oggetto di altre norme relative alla protezione delle specie ed alla politica comune della pesca e dei mercati”.
Detta norma individua compiutamente che, anche le specie ittiche fluviali (acqua dolce) prelevate nel Arno, rientrano nel campo di applicazione della norma, rendendole soggette alle prescrizioni sanitarie e di tracciabilità, nonché fiscali e gestionali dei prodotti primari della pesca, quindi assoggettate, in quanto transazione commerciale tra il privato pescatore dilettante ed il ristoratore, agli standard applicabili alla produzione e commercializzazione dei prodotti della pesca. Attraverso l’analisi del testo tuttavia si evince alla lettera P dell’art 2 che per commercializzazione si intende: ”la determinazione o l’esposizione per la vendita, la messa in vendita, la vendita, la consegna o qualsiasi altra forma di immissione sul mercato ad esclusione della vendita al dettaglio e della cessione diretta, sul mercato locale, di piccole quantità da un pescatore al venditore al minuto o al consumatore” resta quindi da comprendere se la cessione di un privato ad un ristoratore che poi reimmette in vendita tali prodotti si interpreti come esclusione dal regime della pesca (e quindi sulle norme sanitarie del pescato) e solo come frode in commercio (nella sola successiva fase di cessione da parte del ristoratore) o se entrambe le norme vengono applicate.
Essendo di fatto il caso anomalo sotto il profilo giurisprudenziale, in quanto non si hanno precedenti che investano contemporaneamente i seguenti elementi:
- pesce d’acqua dolce di siti inquinati o potenzialmente inquinati;
- pesca e vendita da parte di privati;
- acquisto da parte di ristoratore che immette tali prodotti nella filiera commerciale;
sarebbe di fatto necessaria una valutazione intesa come sentenza.
Quadro normativo di riferimento
D.lgs. 06/11/2007 n.193 (Attuazione della direttiva 2004/41/Ce relativa ai controlli in materia di sicurezza alimentare e applicazione dei Regolamenti comunitari nel medesimo settore);
circ. 27/05/2002 n. 21329 del Mipaf (reg. n. 2065/2001 della Commissione del 22 ottobre 2001, recante modalità di applicazione del reg. Ce n. 104/2000, relativamente all’informazione ai consumatori nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura;
d.m. 27/03/2002 (Etichettatura dei prodotti ittici e sistema di controllo).

Nell’aprile del 2002 è entrato in vigore il d.m. 27/03/2002, che fissa i criteri attuativi per il regolamento (Ce) 2065/2001 sull’etichettatura dei prodotti ittici. Questo provvedimento prevede, per tutti i prodotti ittici in commercio, una specifica etichetta, che deve riportare le seguenti informazioni:
•denominazione commerciale della specie;
•denominazione scientifica della specie (facoltativa);
•metodo di produzione, come la cattura in mare o in acque interne, oppure l’allevamento;
•zona di cattura.

Il decreto sull’etichettatura dei prodotti ittici si applica a pesci, crostacei e molluschi, che siano vivi, freschi, refrigerati, congelati, surgelati, decapitati, sgusciati, tagliati in pezzi o in filetti oppure triturati, secchi, salati, in salamoia, affumicati, anche preventivamente precotti, in polvere, in farina o in pellets, purché atti all’alimentazione umana. Gli operatori della filiera, quindi, sono tenuti ad assicurare la tracciabilità del prodotto ittico, mentre il ruolo delle autorità nazionali di tutti gli Stati membri è quello di controllare che ad ogni passaggio della commercializzazione le informazioni relative alla denominazione commerciale, al metodo di produzione e alla zona di cattura siano disponibili.
A ciò si aggiunga che molte di queste specie sono rappresentate da predatori, ed in particolare il Siluro (il maggiore oggetto di pesca e vendita dei pescatori ungheresi in Italia) quindi da entità biologiche al vertice della catena trofica, elemento che implica un potenziale carico contaminante se prelevati in ambienti non salubri: la tracciabilità quindi diventa un aspetto fondamentale per il consumatore proprio per comprendere la provenienza di ciò che acquista, ed eludere tale aspetto consente di commercializzare prodotti di dubbia provenienza.

Ciò premesso diversi adesori al progetto hanno presentato al Getapesca una serie di segnalazioni convergenti verso presunte illegalità commesse nell’ambito della vendita al dettaglio di pesce proveniente dalle acque interne e presumibilmente pescato, come da etichettatura e per l’assenza di allevamenti specifici delle specie oggetto della vendita.
In particolare si riferisce di vendita di materiale ittico prelevato da attività di pesca professionale quali Siluri, Amur, Carpe, Lucioperca, Aspio, e Breme.
Pertanto, avendo avuto notizia di una possibile criticità legale e sanitaria avente fulcro nel mercato ittico di Bologna, Firenze, Roma, Torino e Chioggia  come riferito al Getapesca, appreso dalla stampa e in parte riportato negli allegati fotografici sotto riportati, il fenomeno si presenta reale e potenzialmente critico.
Nelle immagini sotto riportate si evidenziano esempi di pesci d’acqua dolce dichiarati come “pescati” distribuiti alla vendita al dettaglio con etichettatura non conforme, con nomi errati, omessi o non conformi.


lunedì 10 ottobre 2011

Monitoraggio bacino artificiale di Montedoglio


Attivita di monitoraggio del Silurus glanis (Linnaeus 1758) nel bacino artificiale di Montedoglio e parere tecnico-scientifico sull’ acclimatamento nelle regioni del Centro-Nord Italia, condizione attuale e interazione con specie autoctone.





Premessa e presupposti dell'attività svolta.
Lo StudioGeta, che da anni si occupa di problematiche legate all’ambiente ed in particolare allo studio della gestione sostenibile degli ecosistemi acquatici, ha raccolto il disagio e le preoccupazioni per il futuro dei pescatori sportivi Italiani, ed ha concretizzato un nuovo progetto: un innovativo strumento tecnico e finanziario,“Getapesca” dedicato in modo diretto ed esclusivo alla risoluzione delle problematiche che investono il mondo della pesca sportiva in Italia. Attraverso la possibilità di collaborazione con importanti istituti scientifici ed un team work di professionisti qualificato, lo Studio Geta, ha messo a disposizione in via esclusiva e diretta le soluzioni alle problematiche del panorama della pesca sportiva, attraverso la creazione di un fondo che oltre a rendere i servizi, genera le risorse per progetti a tutela dell’ambiente e della comunità dei pescatori sportivi.
Getapesca si rivolge a tutti i portatori di interesse e a tutti i soggetti interessati a vario titolo al settore della pesca sportiva, i quali con il loro contributo, oltre a beneficiare dei servizi offerti in modo esclusivo, permettono di finanziare progetti per la valorizzazione della pesca sportiva, tutela delle acque e salvaguardia delle specie ittiche, a beneficio di tutta la comunità della pesca sportiva.
Nel caso di specie è stato richiesto, dalle Associazioni di pesca sportiva che incidono sul Bacino del Montedoglio (AR), un analisi sulla condizione di acclimatamento e realtà ecologica del Siluro D'Europa sul territorio nazionale e di elaborare i dati, di eventuali catture, effettuate durante il monitoraggio svoltosi in data 09-10-11 settembre 2011, da parte di sportivi autorizzati a dedicarsi alla ricerca specialist di questo predatore alloctono.



Come evidenziato nella richiesta d'autorizzazione dedicata, al fine di implementare, migliorare e costruire un futuro eco sostenibile delle acque ricadenti nella Provincia di Arezzo, valorizzare sia la fauna ittica che gli ecosistemi acquatici, nonché la fruibilità dei siti amplificando la risorsa turistico/sportiva connessa alle attività aulietiche che gravitano attorno ai bacini, favorire e coadiuvare le attività gestionali delle stesse, si è proposta e concretizzata in atti, una collaborazione attiva e sinergica tra le Associazioni di pescatori ricadenti sul territorio con funzioni di gestione e fruizione della pesca: tale operosità ha portato a orientarsi verso una ricerca tesa a valutare la presenza e la consistenza di una colonia di Siluro nel bacino, sulla scorta di saltuarie catture e sporadiche testimonianze raccolte dagli sportivi che pescano nell'area.
Si è quindi demandato a "Specialist Cat Angler" (pescatori sportivi specializzati nella ricerca e cattura della specie) di svolgere l'azione di pesca. Negli ultimi 10 anni, la sempre maggiore consistenza e diffusione di specie “aliene” di elevato valore sportivo, quali il Siluro, il Persico Trota (Black Bass), Amur, etc, ha generato una sempre maggiore attenzione sportiva, specie nei giovani che non interpretano l'attività di pesca come fonte alimentare, ma come confronto ecosostenibile con le specie insidiate, ed ha prodotto il concetto di "Specialist Angler", cioè di sportivi specializzati nella ricerca di una determinata specie.
Quest'esigenza spesso si è tradotta, per colmare le necessità sportive, nella transfaunazione e diffusione di specie ittiche alloctone, che potenzialmente rappresentano un alterazione dello stato ecologico delle specie ittiche endemiche ed originarie.
Appare però altresì evidente, che ove queste specie si acclimatano la loro eradicazione risulta impossibile se non ha costi elevatissimi, e spesso proprio a danno dell'intero ecosistema, pertanto il sistema di contenimento di queste specie, ove non presenti, risulta essere ancora il limitarne la diffusione evitando immissioni volontarie.
Appare quindi plausibile che, le specie ittiche aliene presenti nel bacino del Montedoglio, siano frutto di immissioni volontarie non controllate.

Riferimenti normativi
  • Autorizzazione monitoraggio Silurus glanis nell'invaso artificiale di Montedoglio, nelle giornate del 09-10-11 settembre 2011; rif. Prot 157449/43.02.00.05 nota Sezione Provinciale dell'Unione Nazionale Enalcaccia Pesca e Tiro, area Amm.va Servizio Caccia e Pesca Provincia di Arezzo.
  • Piano Regionale per la pesca in acque interne L.R. 7/2205 Regione Toscana, punto 3.5 "E".
  • Decreto del Presidente della Provincia di Arezzo nr. 207 del 17/08/2009.
  • Piano Provinciale per la pesca in acque interne 2008/2013 app.to D.C.P. nr. 29 del 28/02/2008, Cap. 5.1.4.
  • L.R. 7/2205 Regione Toscana nr. 54/R del 22/08/2005, art. 15 comma 1.




Descrizione delle tecniche di pesca utilizzate.

Boa.

La tecnica nasce per pescare i siluri a galla sulle rive di un lago utilizzando il galleggiante, senza che la lenza vada a scarrocciare lentamente, ma inesorabilmente, verso riva. Il vento, le correnti o semplicemente lo stesso nuotare dell’esca viva, non permette assolutamente di pescare in un punto fisso con il galleggiante per insidiare i siluri in caccia nei pressi della superficie. La tecnica della "Boa" ovvia a questo problema tenendo ancorata l’esca nel punto e all’altezza voluta per il tempo necessario. Il principio è semplice e può essere applicato anche in tratti di fiume con correnti medio-lente, ma include l’ausilio di un’imbarcazione e la collaborazione di almeno due persone. La montatura da utilizzare con questo sistema composta dall’amo, da un finale di circa 1 metro e mezzo, da una robusta girella con moschettone cui è fissata un’altra girella più piccola (che servirà per il posizionamento dell’impianto), da un salvanodo e da un piombo di 100 grammi, che nel caso l’esca tenda a rimanere troppo a galla, si può posizionare anche a pochi centimetri dall’amo. Una volta individuato il luogo adatto per posizionare la montatura, si calano delle boe da segnalazione, del tipo di quelle utilizzate dai sub per indicare la loro presenza alle imbarcazioni di passaggio o quelle da ormeggio delle barche. Si zavorrano al fondo con una corda e pesi proporzionati alla corrente ed al vento, poi si lega ad esse uno spezzone di nylon dello 0,35-0,40 mm. lungo almeno 2-3 metri. Nel frattempo si posizionano a riva anche le canne, ognuna di fronte ad una di queste boe da segnalazione, e si fissano saldamente a terra, in maniera perfettamente verticale, assicurate a robusti poggiacanna. A questo punto si porta con la barca la lenza in prossimità della boa corrispondente, e si lega lo spezzone di filo sottile alla girellina messa in precedenza sulla montatura. Mettendo da riva in tiro la lenza, con delicati giri di mulinello, l'esca si troverà a pescare ad un metro sotto la superficie, nel posto desiderato e per tutto il tempo necessario all’abboccata del pesce, senza avere la preoccupazione di rilanciare. Se si vuole pescare a diverse profondità, è sufficiente mettere la girellina libera sulla madre lenza bloccandola poi all’altezza voluta con una perlina e uno stopper. Al momento dell’attacco dell’esca, da parte del Siluro, la canna si piegherà con forza in avanti, poi la rottura dello spezzone di nylon la farà sobbalzare indietro con un conseguente allentamento della lenza, molto rapidamente si riprende contatto con il pesce e si ferra con forza.

Clonk
E' una tecnica poliedrica, che da molteplici variazioni al modo di pescare e che per essere veramente efficace necessita di una collaborazione totale tra i membri dell'equipaggio della barca.
Infatti é una pesca che si può praticare solo dalla barca in deriva, ossia non ancorata, sospinta dalla corrente.
Si calano le lenze a metà della profondità indicata dall'ecoscandaglio, si tara la frizione dei mulinelli in modo che in caso di abboccata il filo fuoriesca liberamente e si disponiamo le canne il più vicino possibile a dove il clonk emette il suono.



Un buon metodo per sapere sempre quanta acqua si da alla lenza, è quello di marcare con un pennarello indelebile il filo ogni metro, in modo da evitare spiacevoli incagli sul fondo: ovviamente é più facile marcare il trecciato che il nylon, ma facendo asciugare per bene quest'ultimo, si può ottenere comunque un risultato soddisfacente.


L'esca durante tutta l'azione di pesca deve sempre rimanere sotto la verticale dello scafo, se questo non accade, ossia se rimane troppo indietro o troppo avanti, si calibrerà la grammatura della montatura togliendo o aggiungendo piombo in proporzione alla situazione: da questo momento il clonkista dalla destra della poppa (a sinistra se è mancino), inizierà ad usare il clonk a ritmo cadenzato, in modo da staccare i siluri dal fondo e renderli visibili sul monitor dell'ecoscandaglio.



Nel corso del monitoraggio è stato utilizzato un FISHMARK 480 come strumento eco.
Uno dei problemi principali di questa tecnica é la presenza di vento, poiché esso sposterà inevitabilmente la barca lateralmente o la rallenterà, rispetto alla direzione e alla velocità della corrente, per cui le nostre esche non rimarranno sicuramente sotto la verticale della barca: un motore elettrico per contrastare tutto ciò diventa necessario. Bisogna ricordare , però, che non é possibile attivare il siluro con questa tecnica, quando la temperatura dell'acqua scende sotto ai 13°C.



Il Clonk, in genere realizzato in legno, se utilizzato correttamente, genera una depressione sulla superficie liquida, che, per effetto dell'aria intrappolata, produce un suono caratteristico: l'ipotesi più accreditata è che simuli in suono di un Siluro che caccia in superficie, elemento che scatena una competizione alimentare, territorialità e comunicazione intraspecie.
Il clonk sembra non aver effetto sugli esemplari posizionati lateralmente allo scafo ad una distanza superiore ai dieci metri.

Area di monitoraggio e pratica di pesca.
L'area di osservazione e monitoraggio, non avendo nessun dato pregresso circa zone di avvistamento abituali, o aree di pesca ove si verificano catture costanti (rare e sporadiche le segnalazioni e testimonianze raccolte), è stata fatta scegliere agli sportivi, sulla base di considerazioni e valutazioni estemporanee generate dalle singole esperienze in biotipi aventi caratteristiche simili, scegliendo quindi fondali degradanti a batimetrie sui 15 metri e cercando ostacoli sul fondo che potessero rappresentare potenziali punti di sosta o di caccia.





Le aree quindi monitorate con le due tecniche descritte, sono state afrontate compatibilmente con i tempi e le modalità previste dalle norme sulla pesca, ed in particolare:
CLONK dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 16:00 alle 18:00;
PESCA A BOA dalle 19:00 alle 22:00 e dalle 06:00 alle 09:00.
Le esche utilizzate in entrambe le tecniche sono state:
Lombrichi e totani per le esche naturali,
Cachitos per le esche artificiali.
Come da prescrizioni a subordine dell'autorizzazione era escluso l'uso di pesci come esca.
L'azione si è divisa tra le località denominate Buiane, Madonnuccia, Tizzano.

Risultati del monitoraggio.
L'azione di pesca mirava ad individuare esemplari di 3 classi d'età, al fine di stabilire la consistenza e lo stato di caratterizzazione di un eventuale colonia acclimatata .


I classe, fino alla lunghezza di 80 cm,
II classe, da 81 a 160 cm,
III classe da 161cm.
Gli stessi saranno oggetto di misurazione e raccolta dati su apposite schede morfometriche dedicate.

L'esito della pesca è stato negativo, non facendo registrare neanche una cattura in tre giorni.
I pescatori riferiscono tre episodi di piccole sagome (stimate tra i 20 e i 40 cm) due a 5 metri di profondità ed una a 15, segnalate dall'ecoscandaglio, che hanno risposto al clonk, si sono avvicinate alle esche, ma senza attaccarle: per le modalità di risposta e per la tipologia di movimento, gli

osservatori sul campo, ipotizzano che poteva trattarsi di piccoli esemplari di Siluro, ma non è possibile escludere che si trattasse di specie diverse.

Origine dell'attivazione del monitoraggio nel bacino del Montedoglio e analisi fenomenologica.
Con nota di richiesta pervenuta a Getapesca in data 13/08/2011, dalla Sezione Provinciale di Arezzo dell'Unione Nazionale Enalcaccia Pesca e Tiro, è stato chiesto di esprimere un parere tecnico-scientifico sulla reale condizione delle popolazioni di Siluro d’Europa nel bacino del Montedoglio, sulle interazioni con le biocenosi coinvolte e sulle reali problematiche derivanti dall’impatto di questa specie, sulle specie autoctone, valutando anche l’esperienza di altri paesi Europei.
Detto parere doveva necessariamente passare attraverso un attività preliminare di monitoraggio sul campo, tesa a conoscere la reale presenza di una colonia acclimatata.
Sappiamo bene che la “questione Siluro” nel territorio Italiano è una tra le più controverse per tutta la comunità scientifica e non passa giorno che non siano indicate contraddizioni ed omissioni tra le leggi e i regolamenti che dovrebbero, non diciamo risolvere, ma almeno gestire questa condizione nella maniera più idonea possibile, questa spaccatura all’interno della comunità è dovuta proprio alle scarse conoscenze che si hanno ancora su questo pesce, che ha permesso di legiferare a proposito senza delle solide basi alle spalle, provocando spesso più problemi di quelli che si intendeva risolvere.
La colonizzazione di nuove specie in una regione del mondo è un fenomeno naturale, che può essere fortemente amplificato dall’opera dell’uomo. Nel campo dell’ittiologia, la scoperta della riproduzione artificiale della trota da parte di Remy e Gehin nel 1843, è stata l’origine di numerosi tentativi d’acclimatazione di nuove specie di pesci. L’introduzione di questi pesci non è avvenuta senza critiche e conseguenze per l’ambiente implicato: il pesce gatto (Ictalurus melas) è tra le introduzioni considerate come dannose, l’introduzione del Black-bass (Micropterus salmoides) in
Portogallo ha provocato la sparizione dell’ittiofauna endemica di piccola taglia dal sud del paese. Il Siluro (Silurus glanis) è oggi un soggetto sul quale molte cose sono state dette, ma sempre non basandosi su delle prove scientifiche, quindi è necessario fare il punto sul suo vero ruolo e sulla sua posizione nell’ecosistema delle acque Italiane dove è stato introdotto.
Breve descrizione della specie

Ambienti e comportamenti
Il Silurus glanis è una specie bentonica tipicamente legata ad acque ferme o a lento corso, ma può vivere bene anche in fiumi a corrente relativamente veloce, il Siluro ha grande capacità di adattamento, vivendo sia in acque fredde, ossigenate e profonde, sia in acquitrini melmosi a basso tenore d’ossigeno, possiede una notevole soglia di sopportazione a determinate forme di inquinamento idrico ed al degrado dell’habitat, in poche parole: riesce a sopravvivere dove altri non riescono.
Anche questo è uno dei motivi che ha portato gli studiosi a pensare che in diversi specchi d’acqua ha occupato nicchie ecologie lasciate ormai vuote da altri predatori che purtroppo hanno sopperito alle resistenze ambientali venutesi a creare (es: inquinamento delle acque). Il Siluro e’ un predatore opportunista, che con l’accrescersi diventa quasi totalmente ittiofago, (dal terzo anno di vita il 98% delle prede sono pesci) quando è allo stato giovanile tende ad essere gregario mentre nella fase adulta diventa solitario, in media i Siluri più piccoli hanno un fabbisogno energetico molto elevato e possono arrivare ad ingerire fino al 10% del loro peso, mentre invece, questo valore scende per gli adulti al 2-3%. Questo significa che un Siluro di 10 kg può arrivare a ingerire fino a 1 kg di pesce, mentre un Siluro di

70 kg è già sazio con appena 2 kg. Il coefficiente di trasformazione alimentare calcolato per il Siluro in età matura (3+) studiato nel delta del fiume Volga è secondo Popova, 1978, pari a 6,2%, ciò significa che per ogni kg di pesce ingerito si verificherebbe per il Siluro un accrescimento ponderale pari a 62 g. Nelle zone più fredde dell’Europa il Siluro non riesce a raggiungere dimensioni ragguardevoli a causa di un blocco dell’alimentazione che avviene in genere al di sotto dei 10-12°C per cui il periodo di alimentazione è ridotto, mentre nei paesi a clima più temperato come l’Italia riesce a raggiungere notevoli dimensioni perché il periodo di alimentazione è prolungato nel tempo, arrestandosi solo in inverno
con temperature estremamente rigide. Dall’analisi dei contenuti stomacali si è potuto osservare che la fonte di cibo abituale corrisponda alla biomassa ittica di “pesce foraggio” che risulta più abbondante nel medesimo bacino. Ricordiamo però che le prede vanno guadagnate, e non sempre le cacciate vanno a buon fine, il che potrebbe comportare un inutile dispendio di energie, mentre catturare prede malate o in difficoltà può risultare più vantaggioso sia per il Siluro che per l’ambiente in quanto si va ad eliminare un probabile portatore di parassiti o malattie in genere, questa è una delle funzioni più importanti che i predatori svolgono in natura per l’equilibrio dell’ecosistema. La fase di digestione, trattandosi di animali a sangue freddo è condizionata dalla temperatura dell’acqua, più la temperatura è alta più velocemente il cibo sarà digerito, questo vuol dire che in estate il Siluro avrà bisogno di un pasto al giorno che digerirà nell’arco delle 24 ore mentre in inverno per digerire lo stesso pasto occorreranno 3 o 4 giorni.

Gestione.
Per il momento la gestione degli ambienti acquatici delle acque pubbliche Italiane non tiene conto del Siluro, questo perché il Siluro è classificato come specie alloctona nelle acque italiane. Per quanto riguarda la gestione del Siluro, due grandi tipi di filoni si stanno susseguendo e combattendo: quelli che vogliono proteggere questo pesce, e quelli che vogliono l’eradicazione totale della specie, come spesso accade, a nostro parere il giusto sta nel mezzo, ovvero sarà giusto limitare la sua espansione dove non c’è, è utilizzare la “risorsa” dove c’è, in maniera controllata e disciplinata, visto e considerato all’unanimità della componente scientifica che allo stato attuale,
l'eliminazione totale è ormai impossibile. Il Siluro come molti altri pesci, subisce una forte pressione piscatoria, nell’Europa dell’Est in alcune regioni è addirittura in regressione, e in alcuni di questi paesi molte misure vengono prese per la sua protezione. In Italia l’atteggiamento riscontato è nettamente opposto alle altre realtà Europee, le misure vigenti, rivolte
a limitare l’espansione di questo pesce nelle nostre acque, non sono assolutamente basate su delle realtà scientifiche confermate, e le misure adottate sino ad ora allo scopo si sono dimostrate inefficaci ed hanno comportato come unico risultato, un ingente sperpero di denaro pubblico. Il mantenimento delle popolazioni di Siluro a livelli limitati è possibile, solo nei piccoli corsi d’acqua, negli stagni, nei canali e nelle bonifiche, grazie alla possibilità di svasarli completamente, anche se tale procedimento comporta non poche problematiche, mentre la possibilità di eradicazione completa di questa specie in Italia e per quanto in nostra conoscenza allo stato attuale, è praticamente impossibile per i grandi corsi d’acqua (Esempio Fiume Po) o grandi bacini lacustri (Esempio Lago di Varese), dove le strategie e gli attrezzi utilizzati per la cattura non garantiscono il risultato inoltre questi sistemi (pesca elettrica o elettrostorditore, reti tramaglio) non sono attrezzature selettive, oltre ad avere un ridotto raggio di azione. La non selettività di tali attrezzature provoca la cattura anche di altre specie di pesci, magari posti a tutela, e i limiti della pesca elettrica, come campo di azione non garantiscono la cattura della totalità degli esemplari di una certa specie, in questo caso specifico di Silurus glanis , inoltre l’aumento del dosaggio delle cariche utilizzate a tal fine per abbattere esemplari di mole notevole, comportano inevitabilmente lo stordimento e a volte la morte di tutta la componente biologica che entra in quel determinato raggio, quindi non solo pesci Siluro, provocando spesso più danni di quelli che si volevano contenere. Bisogna ricordare che affinché l’operazione volta all’eradicazione di una specie sia efficace nel tempo, è necessario che venga eliminata la totalità della specie target, perché saranno sufficienti 2 soli esemplari di sesso opposto, perché sia possibile una nuova colonizzazione del medesimo specchio d’acqua, ricordiamo che i pesci producono migliaia di uova per kg di peso corporeo della femmina, un esemplare di Siluro femmina maturo per la riproduzione, produce dalle 7.000 a 42.000 circa uova per kg di peso, anche se delle uova fecondate solo una piccola percentuale arriverà alla fase adulta.
Questo processo facilita da una parte la colonizzazione nel breve tempo di nuovi areali, e allo stesso tempo dona la possibilità alle specie che soccombono, di rigenerarsi e aumentare la colonia, se la natura non avesse previsto questo tipo di riproduzione, con tutto ciò di cui le acque e i pesci sono vittime quotidianamente è presumibile che allo stato attuale non ci sarebbero più pesci.

Esempio della condizione passata e attuale sulla popolazione di pesce Siluro nell'area di maggior espansione: bacino idrografico del Po.
L’accrescimento della popolazione di Siluri così come per altre specie ittiche può seguire una curva a forma di “J” o “S” (sigmoide). Nella curva a forma di “J“, la densità delle popolazioni di Siluro inizialmente aumenta rapidamente in maniera esponenziale grazie alle condizioni ottimali ambientali che ne favoriscono l’accrescimento, per poi arrestarsi di colpo quando interviene una resistenza ambientale o altro fattore limitante, (scarsità di prede, inquinamento, etc.). Ad esempio si esauriscono le risorse di cibo o diminuisce lo spazio a disposizione; nella curva a forma di “S“, la popolazione di Siluro aumenta lentamente nella fase iniziale a causa di condizioni non proprio
favorevoli all’accrescimento, successivamente cresce più rapidamente ma poi torna subito ad aumentare in maniera limitata a causa dell’aumento della resistenza ambientale; in questo caso dovuto alla crescente densità. L’applicazione di questa teoria spiegherebbe il fatto che in passato si catturavano molti più Siluri nel fiume Po che oggi, e che le specie, dallo stesso Siluro predate, stiano riequilibrando la biomassa persa, ovvero si sta arrivando pia piano a quella situazione di equilibrio tipica delle regioni di origine.



(omissis)

Alcuni punti sulle strategia di azione e opportunità per il futuro.
1. Evitare la colonizzazione di nuovi areali,
2. Vietare il prelievo di pesce vivo, per evitare quanto previsto al punto 1, a qualsiasi titolo, escluso fini scientifici.
3. Investire in studi e ricerche che aumentino la conoscenza della specie nel territorio Italiano, secondo protocolli ben precisi, da affidare a più istituti di ricerca per evitare conflitti di interesse.
4. Valorizzazione dal punto di vista turistico nelle aree dove già è presente.
5. Regolamentazione del pescaturismo e contrasto pesca turismo abusivi.
6. Intensificazione dei controlli ad opera delle forze dell’ordine competenti per territorio, corpo forestale dello stato e polizia provinciale e fluviale in primis, su fenomeni di bracconaggio, controllo della catena del freddo, e autorizzazioni sanitarie per il commercio di materiale ittico proveniente da pesca professionale e non.
  1. Per contrastare quanto previsto al punto precedente valutare la possibilità di implementazione di impianti di acquacoltura dedicati alla produzione, logicamente di pesce Siluro trasformato, mai vivo, da destinare al mercato, attraverso la certificazione di qualità alimentare HACCP.

Conclusioni.
Il fatto che il Siluro non sia un pesce proveniente da ambienti molto differenti di quelli che ha incontrato nell’Europa dell’Ovest e in Italia, fa presupporre che anche i queste regioni possa arrivare ad una situazione di equilibrio con le altre specie così come avviene nei paesi di origine. Un altro fattore importante nella riuscita della sua colonizzazione è probabilmente che egli spesso và ad occupare una nicchia ecologica vuota, ossia non occupata da altri predatori.
Comunque in attesa di ulteriori studi e sviluppi sarà necessario per quanto possibile evitare la colonizzazione di nuovi areali, anche attraverso una normativa più moderna che vieti il prelievo di questo pesce dalle acque pubbliche, questo potrebbe avere un duplice risultato: evitare la colonizzazione di nuove aree, e ridurre il rischio sanitario dovuto al consumo delle carni di questo pesce. Anche se il Siluro è suscettibile di giocare un ruolo benefico nella strutturazione delle attività pescicole, conviene rimanere prudenti e continuare a sorvegliare le sue popolazioni. Infatti, la situazione attuale non pone a nostro avviso dei problemi così gravi, ma non è fissa e gli equilibri possono essere rotti in ogni momento; in più possediamo troppi pochi dati su questa specie, per questo conviene seguire costantemente la dinamica delle sue popolazioni. A livello economico, una politica gestionale differente, potrebbe convogliare il fenomeno verso un qualcosa di positivo, soprattutto allo stato attuale in cui è maggiore la crisi economica e assistiamo quotidianamente alla perdita di numerosi posti di lavoro, i ritorni finanziari sono certi, infatti, questo pesce se ben gestito può rappresentare una risorsa economica innegabile, con tutto il turismo e l’indotto che può generare. Il Siluro non è attualmente preso in considerazione nel piano di gestione dell’ittiofauna delle acque Italiane, questo può essere la causa del diminuire continuo delle osservazioni eseguite in alcune settori dove sembrerebbe ben insidiato ad esempio nel Po e i suoi affluenti.. Questa analisi riflette l’evoluzione e le contrarietà che le biocenosi acquatiche subiscono ai giorni nostri, questa evoluzione è in gran parte dovuta all’azione dell’uomo, con il degrado dell’ambiente e i suoi interventi di introduzione di nuove specie. La posta in gioco non è più solamente basata sulla produzione di nutrimento, ma ugualmente sul ruolo importante che possono giocare gli ambienti acquatici a livello turistico ed economico, nell’ottica dello sviluppo sostenibile e sempre nel dovuto rispetto della tutela ambientale. Sarà compito nostro e di tutta la comunità scientifica in stretta collaborazione con le amministrazioni deputate alla gestione delle acque e fauna acquatica trovare la strada giusta da percorrere insieme per il futuro, lasciando da parte gli interessi personali, e lavorando insieme, per cercare di frenare quanto è più possibile questa corsa all’autodistruzione.
Noi come tutta la componente scientifica abbiamo l’obbligo di lavorare per ottenere risultati e divulgarli per aumentare la conoscenza al fine di intervenire e migliorare la situazione, senza aver paura di dire ciò che abbiamo scoperto, dimostrato o di cui siamo convinti. Dobbiamo ricordare che i ritmi della natura, dalla creazione della terra non hanno seguito i nostri ritmi frenetici di sviluppo e ad ogni costo, rimanendo molto lenti, prima di svolgere qualsiasi azione ed in virtù di questo, dobbiamo tenere sempre bene a mente che per far crescere un albero occorrono centinaia di anni, per tagliarlo pochi secondi. Per creare la vita ci vuole molto tempo, per distruggerla basta un attimo.
Valutato che il monitoraggio effettuato sul bacino artificiale di Montedoglio, nelle modalità e peculiarità descritte, non ha evidenziato la presenza di una colonia di Silurus glanis, stanziale, acclimatata e in crescita, ne tanto meno le testimonianze raccolte, sono sufficienti a far presagire il contrario.
Pertanto si propone di ripetere l'operazione, sempre con i sistemi non invasivi per il biotipo, precedentemente descritti, in periodi dell'anno differenti ed in particolare, nelle fascie temporali in cui la temperatura e più favorevole all'attivazione di questo predatore (giugno/settembre).

Relazione a cura di
Milillo Gianluca
Responsabile Tecnico
Progetto Nazionale Getapesca
Responsabile Nazionale
Settore Pesca Sportiva
in Alleanza Sportiva Italiana.


Pescara 18 settembre 2011