martedì 22 febbraio 2011

Ansa del Ballottino

Relazione tecnica normativa relativa all’ipotesi di consumo alimentare di pesce d’acqua dolce difforme dalle prescrizioni sanitarie, con particolare riferimento al Siluro D’Europa (Silurus glanis) e prevenzione al bracconaggio di matrice straniera nelle aree naturalistiche gestite.


Fenomenologia del bracconaggio sistematico di matrice straniera sull’areale del fiume Po.

Dal 1993 ad oggi è attiva un’organizzazione criminale dell’Est Europeo specializzato nella pesca di frodo e nella vendita di pesce contaminato sia in Europa che in Italia.
Pur essendo salita all’attenzione della cronaca con una serie di arresti e sequestri operati dalla Guardia di Finanza e la Polizia di Stato nel 2006, 2007 e 2010 il gruppo d’interesse è ancora attivo ed ha addirittura potenziato le attività di traffici illeciti, ottenendo nella provincia di Rovigo licenze di pesca professionale. Il “modus” con cui si articola la loro attività si concentra essenzialmente nel pescare pesce con sistemi illegali sull’areale del fiume Po, ed in particolare in aree in cui non viene svolta la pesca professionale a causa delle pessime condizioni organolettiche dell’acqua, siti ove il materiale ittico in assenza di rapporti analitici non può essere destinato all’alimentazione umana. Viene lavorato in strutture di fortuna direttamente sul fiume in condizioni igieniche repellenti, quindi imbustato, refrigerato e trasportato in Ungheria dove, grazie a una falsa documentazione, sovente viene riproposto sui mercati locali, francesi, tedeschi e italiani come pesce proveniente dagli allevamenti Ungheresi.


Strutturazione dell’Organizzazione

La strutturazione del personale attivo nell’organizzazione appare di tipo verticistico-piramidale e conta di diversi “sotto gruppi” impiegati per il trasporto del materiale ittico o della lavorazione.
L’organizzazione dispone sia di strutture fisse sul fiume come case, che mobili come roulotte, tende e camper oltre a una nutrita flotta fluviale e di furgoni.
In particolare l’organizzazione incentra gli sforzi su una specie ittica in particolare: il Siluro (Silurus glanis, Linneo).
Questa specie essendo al vertice della catena alimentare in quanto predatore ittiofago, è quello che maggiormente si carica di sostanze inquinanti ma rappresenta il tipo di prodotto più richiesto in Europa dell’Est, Germania e Francia (ritenuto un piatto prelibato) mentre in Italia viene commercializzato maggiormente alla folta popolazione di immigrati dell’Est e alle popolazioni residenti del Delta del Po.
Questo pesce, privo di lische e classificato come medio grasso viene lavorato sotto forma di filetti e venduto ai mercati ittici Italiani come altri tipi di pesce ad esempio Storione, Pesce Gatto, Persico del Nilo, Pangasio o spacciato per specie di provenienza marina.
Tutta l’intera trafila produttiva pur risultando clandestina e palesemente illecita ha trovato forza in un buco normativo generato dalle Delibere Regionali in materia di “alloctonia”  che in sintesi mirano ad eradicare le specie ittiche non originarie delle nostre acque (tra cui il Siluro): queste favorendo la pesca indiscriminata di queste specie tollerano il prelievo di enormi quantità di pesce che, essendo stato pescato con “licenze di pesca di tipo D per stranieri”, o comunque di tipo sportivo, non va a ricadere nei controlli igienico sanitari previsti dalla legge per la pesca professionale.
In questa serie di immagini si delinea la condotta: pesca di frodo, concentrazione del pescato, lavorazione in loco, stoccaggio dei prodotti da destinare alla vendita.



Come è ovvio l’organizzazione si avvale della complicità di imprenditori e consorzi italiani per la messa in opera di tale traffico: da chi fornisce l’appoggio logistico a chi attraverso circoli nautici si occupa del rimessaggio e cura della flotta, fino a chi acquista il pescato da inviare ai mercati ittici o alle strutture di ristorazione.
Le incongruenze sul mercato del Siluro si concretizzano nell’analisi dei listini di alcuni mercati ittici Italiani: le norme ne vietano l’allevamento in Italia, le aree di distribuzione della specie risultano le più inquinate del fiume Po, ma il Siluro viene commercializzato come “pescato in Italia” .



Attualizzazione Del Fenomeno Criminale

La reale forza del sodalizio criminale, nel macro disegno, si riscontra in quattro fattori concomitanti:
assenza di vigilanza dedicata, normativa carente e inappropriata, ignoranza sulla biologia del Siluro e del suo reale impatto sui biotipi che lo ospitano e disinformazione sulle potenziali patologie derivanti dall’alimentazione con carne di Siluro non sottoposta a controlli sanitari.
Questa campagna di “disinformazione” relativa ai pericoli connessi all’alimentazione con carne di Siluro di fatto favorisce il mercato clandestino, legittimando un prodotto che obiettivamente non trova corrispondenza con gli standard qualitativi imposti dalle norme a tutela del consumatore.
Inoltre la compagine delinquenziale oltre alla vendita del prodotto “lavorato” trasporta e vende in un mercato parallelo al principale, pesce vivo, in particolare esemplari di taglia ragguardevole di Carpa e Siluro, destinato a tenute private oltre confine: un singolo esemplare di Carpa o Siluro da stoccare in un lago di pesca sportiva in Germania o Francia frutta all’organizzazione anche mille euro a “pezzo”.
Ciò di fatto oltre all’illecito fiscale e in materia di pesca (viene vietato il trasporto di pesce alloctono vivo) trasporta patogeni e parassiti specifici trasmissibili da esemplare ad esemplare, favorendo l’insorgere di fenomeni epidemiologici pandemici difficilmente controllabili.
La presenza del fenomeno legato a queste “squadre” di bracconieri industriali e stato abbondantemente illustrato in diversi articoli giornalistici di cronaca e televisivi (tra cui i telegiornali nazionali RAI e Media Set), oltre a riviste di settore e documentari su reti satellitari (piattaforme SKY) ,ma nonostante l’emersione del fenomeno questo appare ancora fortemente attivo e pericoloso.



Conseguenze derivanti dalla non conformita' del prodotto alle norme di legge.

Oltre alle sanzioni specificatamente previste dal Decreto Legislativo 155/97, che riguardano la violazione degli obblighi di autocontrollo, vanno sempre tenute presenti le possibili sanzioni relative alla non conformità del prodotto alle norme di legge, che peraltro possono derivare da una non esatta applicazione delle misure di prevenzione e controllo previste dal sopracitato decreto legislativo. La normativa alimentare prevede sia illeciti penali che amministrativi. In particolare:

illeciti penali
All'interno delle previsioni penalistiche bisogna distinguere tra:


Violazioni di norme poste a tutela della salute pubblica
In questa categoria si ricomprendono tutte quelle violazioni che possono costituire un pericolo per la salute del consumatore. In tale categoria vanno segnalati:

art. 5 lex 283/62 che punisce con l'arresto fino ad un anno e l'ammenda da € 600.000 a € 60.000.000 (art. 6/4 l. 283/62) il divieto di mettere in commercio:

(lett. a)        alimenti privati anche in parte dei propri elementi nutritivi o mescolati con sostanze di qualità inferiore o comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale

(lett. b)       in cattivo stato di conservazione

(lett. c)        con cariche microbiche superiori ai limiti stabiliti dal regolamento di esecuzione o da ordinanze ministeriali (cfr. OM 11 ottobre 1978)

(lett. d)       insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione

(lett. g)        con aggiunta di additivi chimici di qualsiasi natura non autorizzati con decreto del Ministero per la Sanità, o, nel caso che siano stati autorizzati, senza l'osservanza delle norme prescritte per il loro impiego.


art. 444 c.p., che punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e la multa non inferiore a lire 100.000 chiunque metta in commercio sostanze non contraffatte, né adulterate, ma comunque pericolose per la salute pubblica.


Violazioni di norme a tutela della buona fede del consumatore
In tale categoria rientrano tutte le violazioni che ledono la buona fede del consumatore o comunque la lealtà delle trattazioni commerciali. In particolare vanno ricompresi:
·        art. 515 c.p. "Frode in commercio", che prevede la pena della reclusione fino a 3 anni o la multa non inferiore a lire 200.000, nell'ipotesi di vendita di una cosa mobile (alimenti) per un'altra o di una cosa mobile per origine, provenienza, quantità e qualità diversa da quella dichiarata o pattuita.
·        art. 516 "Vendita di sostanze non genuine come genuine", che vieta la vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, sanzionando i contravventori con la reclusione fino a 6 mesi o la multa fino a lire 2.000.000.
·        art. 13 l. 283/62, che punisce con l'ammenda da lire 600.000 a lire 15.000.000 l'offerta in vendita o propaganda di sostanze alimentari, adottando denominazioni o nomi impropri, frasi pubblicitarie, marchi o attestati di qualità o genuinità, da chiunque rilasciati, nonché disegni illustrativi tali da sorprendere la buona fede o da indurre in errore gli acquirenti.
N.B. A decorrere dal 1° gennaio 2002 ogni sanzione penale o amministrativa espressa in lire è tradotta in € al tasso di conversione di 1936,27, con l'eliminazione dei decimali in caso di arrotondamento anche se le operazioni di conversione producono un risultato espresso in centesimi di euro

Va rilevato che nella giurisprudenza in materia di alimenti si registra una mancanza di uniformità nella qualificazione delle condotte criminose. Non è infatti raro che lo stesso fatto sia ascritto nell'ambito di fattispecie penali anche notevolmente diverse tra loro con conseguente rischio di una disparità di trattamento sanzionatorio.


Illeciti amministrativi
All'interno delle sanzioni amministrative sono ricomprese in particolare:
le violazioni delle norme previste da Decreto Legislativo 27 gennaio 1992 n. 109 in materia di etichettatura. In particolare:

·        art. 18/1 che prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 3000000 a lire 18000000 per "chiunque confezioni, detenga per vendere o venda prodotti alimentari non conformi" alle norme del decreto stesso ossia non contenenti le indicazioni prescritte.
·        art. 18/2 che stabilisce la sanzione amministrativa da lire 6.000.000 a lire 36.000.000 nel caso di violazione dell'art. 2 del Decreto Legislativo 109/92 che stabilisce che "l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari non devono indurre in errore gli acquirenti sulle caratteristiche del prodotto e precisamente sulla natura, sulla identità, sulla qualità, sulla composizione, sulla durabilità, sul luogo di origine o provenienza, sul modo di ottenimento o di fabbricazione del prodotto stesso";
N.B. A decorrere dal 1° gennaio 2002 ogni sanzione penale o amministrativa espressa in lire è tradotta in € al tasso di conversione di 1936,27, con l'eliminazione dei decimali in caso di arrotondamento anche se le operazioni di conversione producono un risultato espresso in centesimi di euro

Analisi normativa speciale
Le abrogazioni e la rimodulazione generata dal D.Lgs. 193.2007 Controlli in materia di sicurezza alimentare, di fatto non incide sulla ristorazione e sulla vendita di prodotti della pesca (eccezion fatta per i molluschi) così come il Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 531."attuazione della Direttiva 91/493/CEE” che stabilisce le norme sanitarie applicabili alla produzione e commercializzazione dei prodotti della pesca, non si applica alla vendita intesa come ristorazione.
Detta osservazione è importante perché riduttiva del settore di vigilanza dedicato, in quanto il pesce, che per la sua natura biologico/organica ha tempi di accumulo di inquinanti rapidi ed è spesso di difficile tracciabilità, viene gestito nei controlli alla ristorazione attraverso il dettato normativo esclusivo della conservazione degli alimenti.
In termini pratici l’addetto al controllo ordinario, senza ulteriori note si limita al controllo dello stato di conservazione e quindi non alla tracciabilità (legittima provenienza) del prodotto ittico.
D.Lgs. 26 maggio 1997 n. 155 Attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CE concernenti l'igiene dei prodotti alimentari, pubblicato sul S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 136 del 13 giugno 1997, Capitolo IX disposizioni applicabili ai prodotti alimentari
descrive che “Un'impresa alimentare non deve accettare materie prime o ingredienti se risultano contaminati, o si può logicamente presumere che siano contaminati da parassiti, microorganismi, patogeni o tossici, decomposti o sostanze estranee che, anche dopo le normali operazioni di cernita o le procedure preliminari o di trattamento eseguite in maniera igienica, non siano adatte al consumo umano”.
In quest’ottica un ristoratore che accetta, in quanto acquista, prodotti ittici provenienti da privati, da siti inquinati o potenzialmente inquinati, o semplicemente privi di qualsiasi garanzia sanitaria o di tracciabilità, di fatto contravviene a questo principio basilare.
Se poi la consapevolezza circa la provenienza, nonché la mancata salubrità del prodotto pur essendo manifesta, viene inserita dopo l’acquisto, volontariamente nel circuito della ristorazione, si sfocia nei reati puniti a norma del Codice Penale quali l’art. art. 515 c.p. "Frode in commercio" e art. 516 "Vendita di sostanze non genuine come genuine". Il D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 531 “Attuazione della direttiva 91/493/CEE che stabilisce le norme sanitarie applicabili alla produzione e commercializzazione dei prodotti della pesca”, pubblicato sul S. O. alla Gazzetta Ufficiale n. 7 dell’ 11 gennaio 1993 descrive all’art 2 lettera A i prodotti della pesca come: “tutti gli animali marini o di acqua dolce o parti di essi, comprese le loro uova e lattine, esclusi i mammiferi acquatici, le rane e gli animali acquatici oggetto di altre norme relative alla protezione delle specie ed alla politica comune della pesca e dei mercati”.
Detta norma individua compiutamente che, anche le specie ittiche fluviali (acqua dolce) prelevate nel Po e nelle sue anse, rientrano nel campo di applicazione della norma, rendendole soggette alle prescrizioni sanitarie e di tracciabilità, nonché fiscali e gestionali dei prodotti primari della pesca, quindi assoggettate, in quanto transazione commerciale tra il privato pescatore dilettante ed il ristoratore, agli standard applicabili alla produzione e commercializzazione dei prodotti della pesca. Attraverso l’analisi del testo tuttavia si evince alla lettera P dell’art 2 che per commercializzazione si intende: ”la determinazione o l’esposizione per la vendita, la messa in vendita, la vendita, la consegna o qualsiasi altra forma di immissione sul mercato ad esclusione della vendita al dettaglio e della cessione diretta, sul mercato locale, di piccole quantità da un pescatore al venditore al minuto o al consumatore” resta quindi da comprendere se la cessione di un privato ad un ristoratore che poi reimmette in vendita tali prodotti si interpreti come esclusione dal regime della pesca (e quindi sulle norme sanitarie del pescato) e solo come frode in commercio (nella sola successiva fase di cessione da parte del ristoratore) o se entrambe le norme vengono applicate.
Essendo di fatto il caso anomalo sotto il profilo giurisprudenziale, in quanto non si hanno precedenti che investano contemporaneamente i seguenti elementi:
- pesce d’acqua dolce di siti inquinati o potenzialmente inquinati;
- pesca e vendita da parte di privati;
- acquisto da parte di ristoratore che immette tali prodotti nella filiera commerciale;
sarebbe di fatto necessaria una valutazione intesa come sentenza.



Valutazione specifica dell’ansa denominata Ballotino, considerazioni e conclusioni
Essendo che, come precedentemente illustrato, il Siluro D’Europa,  presentandosi al vertice della catena alimentare è l’elemento biologico che maggiormente si carica di sostanze inquinanti, e considerato che per cultura, opportunità ed attività sul campo pregresse, determinate categorie di pescatori d’origine extracomunitaria residenti in Italia, individuano in questa specie una risorsa alimentare, da consumare o vendere, appurato che non esistono attualmente valutazioni sanitarie specifiche sull’edibilità delle carni di Siluro nell’ansa Ballottino, ne è altresì possibile tracciare la destinazione del pescato prelevato, al fine di scongiurare potenziali rischi sanitari connessi al consumo di carni di Siluro si suggerisce di limitare anche alle specie alloctone la quantità asportabile come tutte le altre specie.
Il fine della gestione di un area deve necessariamente tendere alla conservazione ecosostenibile tanto dell’ambiente quanto della fauna che ospita, pertanto, qualsiasi attività di prelievo o di azione invasiva del biotipo, contrasta con il fine di preservazione e continuità della vita acquatica: una gestione tesa ad un utilizzo sportivo della risorsa e all’implementazione del livello di protezione, permette sia la sopravvivenza dell’ecosistema stesso, sia una fruibilità fatta senza sovrapporre le esigenze umane ai delicati equilibri ecologici.
Una pesca indiscriminata, non regolata, aperta ad infiltrazioni esterne orientate verso uno sfruttamento sistematico, rappresenta sia un impatto ambientale notevole e critico, sia il punto d’innesco di una serie di reati difficilmente reprimibili e potenzialmente rischiosi su ampia scala. E’ possibile quindi solo prevenire tali operosità illecite, in quanto attivato il processo d’impatto negativo, il fenomeno è rapidissimo, incontrollabile e irreversibile, come si può testimoniare in vastissime aree del comprensorio padano.
Le soluzioni normative e legali per prevenire tali introduzioni nelle aree gestite sono attualmente solo due.
L’associazione di riferimento che in genere gestisce su convenzione o concessione questa tipologia di siti, da statuto, regolarmente e legalmente depositato, può adottare opzioni d’ingresso codificate, facendo selezione preventiva: numero chiuso di soci o soci solo su invito e non su richiesta: tale opzione è facoltà dell’assemblea elettiva dell’associazione stessa che con giusto verbale sancisce le modalità d’accesso dei nuovi soci (es statuto del Rotary, Country, Yacht, etc): detta procedura è ampiamente condivisa da molte associazioni nazionali ed europee e non contrasta ne con il dettato normativo del Codice Civile ne con le convenzioni di pari opportunità.
Il Sindaco, in quanto autorità Sanitaria e d’Ordine Pubblico, tramite ordinanza sindacale, può, nell’area del comune, prendere provvedimenti di natura sanitaria e ambientale conservativa, stabilendo, a tutela del consumatore, dei mercati, della comunità amministrata, dell’area naturalistica gestita e della continuità delle attività sane che gravitano su questi ecosistemi, il limite di 5 kg pro capite su ogni specie di pesce prelevabile: in tal modo il provvedimento è diffuso e non selettivo, si spegne l’interesse per una pesca indiscriminata, si offre comunque la possibilità al locale o turista di consumare una dignitosa (ma non commerciabile) quantità di pesce auto pescato prevenendo l’interesse “bracconiere” da parte di organizzazioni o singoli.

E’ viva opinione del relatore che realtà ambientali fin ora trascurate in Italia o semplicemente sotto stimate, possano sull’esempio di altri paesi europei, trovare applicazione fino a livelli di ottimizzazione superiore a quelli osservati all’estero, dove l’unione “ambiente – attività ricreativa” possono realizzare una fonte paritetica di preservazione delle specie e guadagno per le popolazioni locali, attraverso una gestione che tenga conto tanto degli aspetti socio – economici quanto di quelli di impatto ambientale, realizzata non sovrapponendo le esigenze umane all’ambiente, bensì armonizzandosi con il ciclo biologico dell’area preservata e utilizzando le risorse in modo “sostenibile” senza gravare sul futuro del sito. La soluzione quindi può arrivare solo attraverso un’informazione corretta e obiettiva, una valutazione che tenga conto di tutto il panorama ecologico e una gestione integrata e generale del fenomeno e spingersi a cercare soluzioni creative e possibili.

lunedì 21 febbraio 2011

Geta Pesca compie un anno di vita

Il Geta Pesca ha compiuto un anno di vita.

Questi i 17 lavori svolti:


  1. Linee guida per la salvaguardia dei pesci durante gli svasi nei canali di bonifica del Ferrarese
  2. Parere tecnico-scientifico sul progetto “contenimento pesce Siluro nel Lago di Varese”
  3. Rimodulazione del regolamento provinciale sulla pesca di Rovigo
  4. Parere tecnico-scientifico sul ripopolamento di Tinca in una lanca del fiume Po
  5. Progetto allevamento specie ittiche innovative in acqua calda nella provincia di Rovigo
  6. Descrizione criticità reali pesce Siluro e interazioni con specie autoctone
  7. Consulenza periodo di divieto, cattura Carpa e riproduzione
  8. Segnalazione Consulenza e valutazione normativa ambientale vendita di pesce d’acqua dolce
  9. Etichetta per la pesca: Audit interno, presso il centro"Parco del Brenta" Padova, ISO 14020
  10. Pesca professionale e pesca sportiva: criticità e relazioni nel Lago di Bolsena, opportunità future
  11. Segnalazione attività illecite stranieri fiume Arno e vendita di pesce privo di sanitarizzazione
  12. Analisi e rapporto pesca professionale e pesca sportiva nel federalismo demaniale
  13. Relazione tecnica sulle potenziali cause di rarefazione della componente ittica nel fiume Oglio
  14. Consulenza sull’ iter per la risoluzione di problematiche relative al bracconaggio ad opera di extracomunitari
  15. Consulenza sulla leicità di attività di pesca sportiva avente ad oggetto Silurus glanis nella regione Emilia-Romagna
  16. Prelievo di campioni di pesci nel fiume Vibrata per analisi chimiche e batteriologiche, collaborazione con IZS A&M
  17. Relazione tecnica normativa relativa all’ipotesi di consumo alimentare di pesce d’acqua dolce difforme dalle prescrizioni sanitarie, con particolare riferimento al Siluro D’Europa (Silurus glanis) e prevenzione del bracconaggio nelle aree a vocazione naturalistica (Oasi del Ballottino).



Tutto questo è stato possibile grazie al contributo dei singoli pescatori adesori del progetto.


Per chi voglia aderire:

http://www.studiogeta.it/index.php?option=com_content&view=article&id=62&Itemid=72

Nei prossimi giorni verranno spiegati e illustrati tutti e 17 i lavori svolti dal Geta Pesca.

Oggi 21 febbraio 2011 alle ore 12,36 nasce ufficialmente il Blog del Geta Pesca!